Ho avuto il piacere di porre qualche domanda a Chicca Maralfa che, a due anni dall’esordio con la black comedy Festa al trullo, torna in libreria con Il segreto di Mr Willer (Les Flâneurs Edizioni), un suggestivo noir dalla spiccata attualità che pone al centro della narrazione l’omicidio di un noto web influencer italiano, un uomo poco incline ai compromessi, di grande cultura, molto amato dai suoi followers ma anche molto odiato.
Uno dei tanti pregi del suo noir, Il segreto di Mr Willer, è quello di riuscire a calare appieno il lettore in una storia profondamente attuale. Protagonista del romanzo è infatti un conduttore di successo, molto popolare, forse il più popolare tra i trascinatori di folle sui social, Riccardo Perrone, alias Mister Willer, che dà il meglio di sé su Twitch, con il live streaming. Da dove è nata l’idea del romanzo e come mai ha scelto di porre al centro della narrazione proprio questa figura e questo mondo?
«Devo confessare che non sono un’attiva fruitrice di trasmissioni: sia audio che video. Guardo poco, quasi zero, la televisione. Un anno e mezzo fa quando ho deciso di collegare un apparecchio alla mia televisione per renderla Smart, mi sono resa conto di non averla accesa per un paio d’anni. Neppure per guardare il telegiornale. Le serie di Netflix mi hanno riavvicinato a questo media durante la seconda fase della pandemia. Ma ciò non mi ha impedito di subire le incursioni della cosiddetta informazione generalista, seppure di sfuggita, nel mio quotidiano. La radio in auto, la tv accesa in casa di amici o dei miei. Nei talk show, come in Parlamento, la dominante comune è il tono di voce, quasi sempre elevato di chi parla, gli scontri verbali, la tendenza alla provocazione dell’antagonista, le espressioni del volto, la necessità di un nemico su cui scaraventare le proprie frustrazioni. E poi la velocità delle comunicazioni, lo scarso approfondimento, il bisogno di alzare l’asticella per andare sempre oltre.
Mr Willer nasce per raccontare questo nostro mondo contemporaneo fra media e social. Nasce come “capobanda” dei nuovi media – di cui Twitch è prima vera traccia di futuro prossimo – nella sua esasperazione più alta. Tutti coloro che come lui o meno di lui spopolano sui social, facendo la gara a chi ha più iscritti ai propri canali, mi fanno pensare a un uroboro. Sono destinati a cibarsi di se stessi, cioè a una sorta di suicidio programmato. Ogni volta che si fanno vedere un pezzo di loro muore. Si auto-cannibalizzano mentre pensano di avere successo. I famosi 15 minuti di celebrità sono diventati 150 secondi, perché l’attenzione del pubblico non va oltre, se non con effetti speciali. Alla fine da tutto questo bailamme mediatico, travestito da democrazia della rete, nessuno può uscirne migliore. La verità è perduta. Però nel disegnare Mr Willer gli ho voluto dare un valore aggiunto: farne un personaggio di grande cultura, oltre che di inusuale scaltrezza. Quindi uno stereotipo non stereotipato. Mi sono divertita a creare un modello possibile di conduttore del futuro. Non solo merda e paccottiglia insomma, ma qualcuno che trattando anche argomenti basici, lo scambismo ad esempio, sappia veicolare ottime letture che si sono occupate di scambismo nella storia della Letteratura».
Mr Willer ha quattro milioni di followers. Molti lo amano, altrettanti lo odiano. Lei come si spiega questo fenomeno, cioè il fatto che tante persone, uomini e donne, possano essere irresistibilmente attratte da un influencer, anche quando, incredibile a dirsi, vorrebbero vederlo morto?
«Perché ognuno di noi è fatto di bene ma anche di male. Poi c’è chi riesce a tenere a bada la parte più buia di sé e invece chi non ha strumenti di controllo e quindi destinato, se non a sbattere contro la Giustizia, ad avere relazioni professionali o personali complicate. Purtroppo il male spesso è vincente, perché più forte, più aggressivo, più muscolare. E a non tutti piace fare a botte, quando le parole perdono efficacia o non ne hanno affatto. Mr Willer ci mette di fronte alle nostre pulsioni. E a non tutti piace essere guardati dal buco della serratura. Ma è irresistibile poter guardare dal buco della serratura le vite degli altri. Di qui l’amore-odio. Lui fruga nella vita degli altri attraverso le interviste di Babilonia. Chi chiama in trasmissione sa che si espone a un rischio perché Willer è imprevedibile essendo mosso da un unico obiettivo: cercare la verità dovunque: questa è la sua ossessione. Anche se scomoda. Elabora così un vecchio trauma che non gli dà pace. Un senso di colpa antico che lo colpisce sempre, come una mareggiata da quando si sveglia a quando va a dormire. Di qui la riflessione sul concetto di verità che il libro stimola: dalle fake news alle omissioni o bugie nelle relazioni interpersonali, soprattutto di coppia».
Ci sono dei brevi passi del romanzo che fanno riflettere molto su cosa significhi oggi comunicare, soprattutto nei social. Faccio un esempio: “Perché a Mr Willer non interessava tanto ciò che un suo follower diceva, ma come lo diceva. Intendo il tono di voce, l’espressione del volto e altre diavolerie che assicurano l’attenzione e la continuità dell’ascolto. Dottore, la verità è che non gliene frega più nulla a nessuno dei contenuti. Sono morti da tempo.” Lei che idea ha di questo tipo di comunicazione che fa della provocazione, della ricerca del limite, in alcuni casi dell’insulto e della volgarità, la sua regola, come anche l’origine del proprio successo?
«Come dicevo prima: l’unica verità che oggi possiamo urlare ai quattro venti è che dei contenuti non gliene frega più nulla a nessuno. La cosa più importante è l’attenzione, conquistarla e soprattutto mantenerla, ascoltatori o follower che siano. Siamo circondati da conduttori, parlatori, influencer che esercitano un certo appeal sulle masse. Chi più chi meno. Non faccio nomi, ma siamo in un paese che ha conosciuto episodi storici drammatici e da questo punto di vista encomiabili. Dalle ovazioni della folla a Piazza Venezia ai cadaveri a testa in giù a Piazzale Loreto. Oggi, nella società multitasking, non puoi pretendere alcuna fidelizzazione sui contenuti ma solo sulla capacità di agganciare i bisogni immediati che sono fatti di tante cose, ma soprattutto di rivalsa verso ogni forma di ingiustizia, perché qui in Italia c’è sempre qualcuno che è più dritto degli altri. In ogni luogo e in ogni caso. Allora per tirare le conclusioni vince chi sa agganciare questo malumore, questa insoddisfazione e alza la voce, si impone e se è il caso, manda al diavolo tutti. Ma devi saper anche ascoltare, perché la fidelizzazione è nella capacità di ascolto. E non a caso Twitch sta crescendo molto: è la tv del ventunesimo secolo. 40 milioni di utenti entro il 2021, secondo le proiezioni di eMarketer. Ma a fare la differenza è l’engagement di utenti e streamer, che nel solo mese di gennaio 2021 hanno prodotto 2 miliardi di ore di video. L’ho letto ieri sul Sole 24 Ore. Il pubblico è un utente attivo e vuole partecipare anche allo spot pubblicitario, non solo guardarlo».
Altro tema interessante, non secondario all’interno del romanzo, è quello della famiglia che, anche a causa del delitto, si rivela essere un ambito privo di valori, in cui ad avere la meglio è la menzogna. Cito un altro passo relativo ai protagonisti: “Ognuno di loro, in questa storia, ha il suo bagaglio di non detto che si porta a spasso.” Ce ne vuole parlare?
«C’è una frase di Gide, che rende molto bene questo concetto: “Famiglie! Vi odio! Focolari chiusi; porte serrate; geloso possesso della felicità”. Attraverso la storia di Mr Willer ho voluto alzare il sipario su questi focolari chiusi in cui talvolta la felicità è una tensione, ‘un propendere costantemente a’ piuttosto che una condizione effettiva. Siamo stati educati a credere che la famiglia debba quasi d’ufficio, proprio per la sua dimensione collettiva, assicurare la felicità, in opposizione alla solitudine che invece viene associata alla tristezza. In questa storia ci sono due famiglie: una è quella di Willer, la sua famiglia d’origine che scopriamo verso la fine del romanzo (una madre e una sorella, e anche un padre) e l’altra è quella del sostituto procuratore Roberto Natali che indaga sulla morte di Willer. Nella terra di mezzo fra questi due uomini, i poli contrari della stessa vicenda, ci sono due donne, due sorelle per giunta gemelle. Che legano questi due uomini fra loro e che, per bellezza e attrazione fungono da specchi stordenti per un uomo e per l’altro, seppure in modo diverso. Molto amate da entrambi, le gemelle Clara e Sofia custodiscono un grumo di segreti. Ma a loro volta anche Willer e Natali ne hanno. Ho voluto raccontare un mondo medio-borghese in cui nulla è ciò che appare. Il tutto riversato in una indagine giudiziaria in cui il magistrato che indaga finisce per essere travolto dall’indagine stessa».
“L’appartenenza non è solo quella che ti attribuiscono gli altri. Cioè un legame familiare o di contesto. Ma è un qualcosa che in ogni caso , vuoi o no, ti porti dentro, ecco.” scrive uno dei suoi personaggi. Grande importanza ha nel romanzo il concetto di appartenenza, fondamentale nell’economia del racconto…
«L’appartenenza era il titolo iniziale di questo noir. E’ un concetto che ha più chiavi di lettura. Da noi, al Sud, l’appartenenza è soprattutto legame con la famiglia d’origine. Da altre parti è più facile invece che l’appartenenza sia collegata all’amore per il proprio partner, maschio o donna che sia. Tornando al Sud, il cognome o il nome del capo famiglia identifica una linea di sangue che implica modi di essere, condizioni sociali, affidabilità, serietà o dabbenaggine, malaffare e tanto altro. Da noi quando si cerca di contestualizzare una persona si dice: a chi appartiene? Joyce Carol Oates che alle famiglie, e alle loro storie, ha dedicato molti romanzi, in Una famiglia americana scrive: ‘la rete genetica, i legami di sangue. La più antica maledizione, più antica di Dio’. Roba da tragedia greca insomma. Il destino ti spetta di famiglia, ecco. Per Mr Willer è così che gira. Nonostante il successo e i milioni di followers. La malapianta insomma. Le radici sono il problema delle persone, come ha scritto il premio Pulizer Richard Powers ne ‘Il sussurro del mondo’ che, non a caso, è l’esergo de “Il segreto di Mr Willer”».
Lei ha esordito nel 2018 con la black comedy Festa al Trullo, edita da Les Flâneurs. Il segreto di Mr Willer è il suo secondo romanzo. Quali sono i suoi progetti futuri? A cosa sta lavorando adesso?
«Sono in attesa di notizie editoriali sul mio romanzo “Spedizione punitiva”, un giallo compiuto ambientato sull’Altopiano di Asiago, che potrebbe anche diventare un seriale. Ferma per modo di dire, però. Devo rimettermi a lavorare su una storia che avevo cominciato l’anno scorso e che ho sospeso per terminare ‘Spedizione punitiva’. Una storia di genitori e figli in un paese che va a rotoli».
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Intervista apparsa su Lankenauta.