Innanzitutto, Lei è il direttore editoriale di Autodafé Edizioni, casa editrice che pubblica intenzionalmente romanzi e raccolte di racconti capaci di stimolare la riflessione e la comprensione della realtà sociale dell’ Italia contemporanea.
Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta negli anni a dare fiducia agli scrittori di racconti?
C. La motivazione è insita nella domanda stessa: la capacità di raccontare, attraverso una qualunque forma narrativa, la realtà sociale dell’Italia contemporanea. Se fatto con buona qualità letteraria, senza banalità, ponendo il lettore di fronte a storie che ne stimolino la voglia di riflettere, questo è ciò che cerchiamo. Ed è del tutto indifferente che venga fatto attraverso una raccolta di racconti o un romanzo, così come è indifferente il genere di romanzo che, per noi, è più che altro pretesto narrativo.
Lei considera il racconto come una forma di valore o come un qualcosa di subalterno rispetto al romanzo?
C. Non vi è alcuna subalternità, per me. Anche se a volte vi sono scrittori che considerano il racconto come una tappa di avvicinamento alla perfezione narrativa del romanzo, e anche se molti autori preferiscono cimentarsi direttamente con il romanzo. Piuttosto, ma solo ai fini della pubblicazione, quel che mi interessa è che la raccolta di racconti abbia un suo corpo definito e riconoscibile, una sua unitarietà tematica e/o stilistica che giustifichi, appunto, il suo essere una singola opera seppur formata da diverse unità.
Cos’è che la affascina nella scelta di uno scrittore di racconti piuttosto che di un altro? Cos’è che le fa dire: sì, questo autore vorrei pubblicarlo, questi racconti devono far parte del nostro catalogo?
C. La domanda sembra una, ma le risposte sono due. Quel che mi fa dire “questo autore vorrei pubblicarlo” è essenzialmente la qualità, la capacità di creare storie e di raccontarle. Ma per entrare nel nostro catalogo è necessario che i racconti abbiano quelle caratteristiche, di temi e di unitarietà, cui facevo riferimento prima.
Ci sono scrittori di racconti attuali e non (anche in Italia) che vuole menzionare per il loro valore e che ritiene un esempio di stile per le nuove generazioni?
C. Stando in Italia, per i racconti il modello credo rimanga Italo Calvino, a mio avviso insuperabile e però paradigmatico ed esemplare anche per chi non ha la stessa qualità narrativa. All’estero, dove la forma racconto è spesso più diffusa, ci sarebbero molti esempi. Mi piace citare Gabriel García Márquez perché di lui spesso si ricorda lo splendido Cent’anni di solitudine ma, per il resto, ritengo sia molto più versato nel racconto che nel romanzo. Ci sono poi molti narratori nordamericani, favoriti dal fatto che il racconto è, nella loro letteratura e tra il loro pubblico, una forma più praticata e più letta che da noi; non sempre ne apprezzo lo stile (a mio gusto, s’intende), ma sono un ottimo esempio per quanto riguarda la struttura narrativa del racconto
Ma è proprio vero che in Italia i libri di racconti non si vendono? (Se sì, da cosa dipende, secondo Lei, questo fenomeno? Nota delle differenze tra il nostro Paese e altri che Lei conosce?)
C. In generale è vero, e ci sono le statistiche a confermarlo. Per una piccola casa editrice come la nostra il discorso è più sfumato, perché le vendite dipendono da tanti altri fattori (visibilità del titolo, promozione, capacità di autopromozione dell’autore) che non sempre coincidono con la qualità letteraria o con i gusti del lettore. Posso però dire che, anche nel nostro piccolo, mi pare che le raccolte di racconti siano sottovalutate, al di là delle vendite, nel giudizio di critici e lettori, in recensioni e commenti: un’ottima raccolta riscuote meno interesse di un buon romanzo, una buona raccolta meno di un romanzo discreto, e così via scendendo la scala. Da cosa dipende? Credo sia un fattore culturale e un’abitudine: se ci pensate, già a scuola vengono proposti romanzi, si parli di opere per ragazzi o di capolavori della letteratura, ma sono quasi ignorati i racconti, che fanno solo capolino nelle antologie.
Da direttore editoriale che ha dato fiducia negli anni ad autori non ancora affermati, cosa si sente di dire ai giovani autori di Emergenza Scrittura che amano scrivere? Quali indicazioni darebbe a un giovane autore di racconti?
C. Se parliamo di letteratura, non è il mio ruolo quello di dare consigli: il mio lavoro è valutare, migliorare, sviluppare insieme un racconto o un romanzo, ma non sono un maestro di scrittura creativa e non mi voglio calare in questo ruolo. Parlerei invece volentieri di come approcciare il mondo editoriale, come proporsi a un editore, come predisporsi a lavorare insieme, come riconoscere i propri e gli altrui pregi e difetti, come evitare di gettarsi in avventure frustranti, come scansare alcuni errori tipici del neofita. Discorsi che hanno poco a che fare con la scrittura ma moltissimo con l’essere scrittori, e sui quali avrei davvero tanti consigli e suggerimenti da dare.
Intervista a cura di Gianluca Massimini per Emergenza Scrittura