Il dottor Pistelli. Una vita in ritardo

 A un decennio o poco più di distanza dalla loro prima uscita tornano disponibili per i tipi di Tralerighe (con il titolo Il dottor Pistelli. Una vita in ritardo) alcuni racconti di Alessandro Trasciatti, apparsi originariamente in rivista tra il 1999 e il 2003 e successivamente in una plaquette (Quattro pistelli, Zonafranca 2008), accompagnati per l’occasione da un testo inedito (Il mistero dei gatti) e dalla prefazione di Sebastiano Mondadori.

Protagonista assoluto delle pagine, che potrebbero passare senza problemi per quelle di un romanzo a episodi dagli spiccati toni tragicomici, è il giovane Pistelli, personaggio pigro e inconcludente, forse un tantino immaturo, di sicuro poco risoluto, perennemente alle prese con la stesura di una monumentale tesi di laurea su cui non riesce a porre la parola fine, in sintesi “l’esemplare poco raro di una generazione di intellettuali trentenni disoccupati“, di cui la voce narrante, di volta in volta, e sempre con uno sguardo sornione, ci narra le tante vicissitudini quotidiane, le sventure sportive e amorose, i facili slanci emotivi, gli incredibili passi falsi, e la grande difficoltà nel condivire la vita di tutti i giorni con una umanità vivace ma alquanto triviale, lontana anni luce da lui e dalla sua indole, principale indiziata quindi del suo inevitabile “apprendistato d’isolamento“, subìto più che cercato.

A chi conosce già l’autore e la sua produzione in versi e in prosa vien facile riconoscere anche qui la presenza di alcuni temi che potremmo ritenere delle costanti, essendo divenuti col tempo peculiari: in primis quello della precarietà, una condizione che non connota nel caso del Pistelli il solo ambito lavorativo ma più genericamente tutta la sua esistenza, una “condizione di supplente, di tappabuchi senza zona fissa, che lo costringe a vivere alla giornata” come afferma il narratore, che nelle occasioni più varie lo porta ad essere un vero e proprio acrobata del quotidiano, votato per destino a sfoggiare numeri suo malgrado, o meglio costretto a barcamenarsi in situazioni assai scomode, risultando in ogni caso fuori tempo e fuori luogo, mai in linea con gli eventi, cioè in perenne ritardo (esemplare l’episodio della palestra: “Perché il dott. Pistelli bazzichi un tale ambiente non è del tutto chiaro nemmeno a lui stesso. (…) Eppure rimane sostanzialmente un estraneo (…) È irrimediabilmente fatto di un’altra pasta“).

Se sul fronte lavorativo emerge, infatti, la difficoltà ad accettare “il clima da manicomio tipico dei luoghi di lavoro ad alta densità umana” in cui gesti e repertori stereotipati eliminano purtroppo ogni briciola di autenticità nei rapporti interpersonali ed accentuano la lontananza da un vissuto che nulla ha a che fare con certi contesti, nella sfera degli affetti e delle relazioni, come anche di fronte ai grandi dubbi esistenziali, il Pistelli stenta parecchio a prendere posizione, a imporsi, a dettare il corso degli eventi, piuttosto ama subirlo. Non a caso, nella prefazione, Sebastiano Mondadori si esprime in questi termini: “è come se il nostro, incapace di adeguarsi alla quotidianità e incapace altrettanto di fuggirla, non aspetti altro che gli vengano in soccorso delle digressioni, delle vivaci parentesi in cui cimentarsi sul terreno degli altri – dei vincenti -, per poi far ritorno nella sua tana popolata di sogni minori” e il lettore non potrà che convenire, riconoscendo però in questa sua indolenza costitutiva, in questa incapacità di opporsi a una quotidianità grigia, poco allettante, e che in fin dei conti gli sta stretta, l’elemento che glielo rende più vicino, comprensibile, anche più umano.

Altro ingrediente che non sfugge, in questi racconti, è l’ironia: sempre lieve, a volte amara, dietro la quale è facile scorgere lo sguardo indulgente e benevolo dell’autore verso il proprio personaggio, ironia che diviene in molti casi anche lo strumento migliore per parlarci dello stato delle cose (lo stato degli archivi e l’atteggiamento forse troppo leggero delle istituzioni preposte alla loro salvaguardia, il caos debilitante di alcuni ambienti di lavoro) o di certi rituali della vita mondana, qui riportati esemplarmente e giustamente derisi (Rituali di benessere).

Chiude la raccolta una piccola rassegna critica in cui Trasciatti riporta qualche scambio epistolare intrattenuto con alcuni editori italiani, scambio che volente o nolente (si tratta di verità, di finzione? di lettere effettivamente scritte e/o ricevute?) potrebbe benissimo passare come un seguito delle avventure/disavventure del Pistelli, dando vita a un gioco metaletterario in cui, anche qui con ironia, le due immagini, quella del Pistelli e quella dell’autore, sembrano davvero sovrapporsi.

Non meno degne di nota appaiono le illustrazioni di Nazareno Giusti che arricchiscono il volume.