di Sebastiano Aglieco
In questi racconti, Gianluca Massimini indaga i fragili rapporti di coppia nella nostra contemporaneità. Lo fa con uno stile sobrio e sicuro, tutto concentrato nel rendere il realismo delle situazioni senza appesantire le storie di connotazioni personali ma stando sempre dentro la logica dei pensieri dei personaggi e la loro emotività.
“Protagonista di quest’età di mutamenti è la donna”, mi scrive in una lettera, “sempre padrona del proprio destino e interlocutrice di un uomo in crisi”.
Così accade, per esempio, nel racconto “Di nuovo a casa”, in cui una lei, emigrata a Bologna per sottrarsi all’asfissia della piccola provincia, si ritrova a gestire il trasferimento del marito in una città lontana, un lavoro da lasciare, dunque, un bambino in grembo e tutte le conseguenze del caso.
Appaiono, questi uomini, spesso fragili, poco capaci di gestire con maturità la loro vita affettiva, per esempio nel racconto iniziale, “Che cosa siamo, che cosa non siamo”: lei riceve la propostta di un incontro dal suo ex, il quale, dopo averla corteggiata, fino a risvegliare l’interesse di lei, prende a trattarla come un’amica qualsiasi, in mezzo agli altri conoscenti che, intorno ai tavolini di un bar, continuano a chiedersi se i due si siano rimessi insieme.
In questo contesto di affettività esplose o evanescenti, la scrittura, a volte, si carica di una lieve malinconia, di una nostalgia delle cose perdute. Soprattutto nel racconto finale, il più bello, in cui lei s’incammina a piedi atraversando una boscaglia verso la casa sul mare che l’ha vista felice con lui e i figli. Poi però la visione si brucia e la vita riprende.
“La sera, inesorabile, iniziò a scendere in fretta e ogni cosa ad imbrunire. I bambini giocavano insieme a rincorrersi sul prato ma il sole, ormai dietro le colline, illuminava di uno strenuo barbaglio solo qualche nuvola, quasi a dire che tutto, anche quel giorno, finiva per sempre.
Guardò allora per l’ultima volta quel posto, dove le canne si agitavano al vento (…) Uno stuolo di tordi festanti s’involò dapprima a giro sul campo, poco distante, e poi più in largo, quasi a cercare una nuova meta, un nuovo prato che potesse ospitarli. Una nave minuta e illuminata passava piano in lontananza, sulla distesa del mare…” p. 72
1 settembre 2016