Patrie: vecchi razzismi e nuove xenofobie

  È da poco disponibile in libreria, impreziosito da una veste grafica davvero accattivante, un piccolo gioiello della Marotta&Cafiero, intraprendente e coraggioso editore di Scampia, proposto con il titolo di Patrie: vecchi razzismi e nuove xenofobie: una raccolta di sei saggi di Günter Grass scritti tra il 1996 e il 2003 in cui lo scrittore tedesco, spettatore attento e critico severo delle vicende politiche nazionali ed internazionali di quegli anni, si scaglia senza mezze misure contro il sistema economico-militare che ha condotto alla guerra in Iraq, che ha fomentato le divisioni e le pulizie etniche nei Balcani, e che spesso ha chiuso gli occhi, colpevolmente, dinanzi ai nuovi razzismi e agli atti persecutori nei confronti delle minoranze etniche e culturali in Germania. Lo scrittore in queste pagine non indulge nei giudizi, ma si schiera apertamente e dice la sua senza problemi, ben cosciente di come non ci sia peccato maggiore che il non prendere parte, il non schierarsi, e che pace e uguaglianza sono in realtà parole vuote se vien meno l’impegno quotidiano per dare loro concretezza.

Nel primo saggio, La lunga storia, Grass avanza pesanti accuse al “modello economico tedesco”, reo di aver cancellato ogni contraddizione palese o latente nel Paese dopo la riunificazione e di aver messo da parte i concetti ormai logori di Repubblica e di Costituzione, sui quali invece si sarebbe dovuto ancora riflettere. È lo stesso modello, assurto poi a slogan, con cui fecero presto i conti coloro che, ad est, dopo la caduta del Muro, subirono il capitalismo d’assalto da parte dell’ovest, che li privò in breve della migliore industria (altrove la definisce la svendita della DDR), buttando all’aria anche ciò che vi era di buono e lasciando alla ex Repubblica Democratica solo la disoccupazione, come se non fossero bastati i precedenti quarant’anni di dittatura. Sono tutti avvenimenti fatti oggetto di letteratura nel suo romanzo È una lunga storia, nel quale Grass aveva voluto dare la parola alle vittime del processo di riunificazione, attirandosi critiche a non finire da parte dei sostenitori del modello economico di cui sopra, che preferirono allora mettere in moto sui giornali prezzolati la macchina del fango e che culminò col clamoroso strappo del libro in televisione.

Nel secondo saggio, intitolato Elogio del dubbio, dopo un breve excursus sulle sue infelici esperienze scolastiche ai tempi del nazionalsocialismo, ricorda ed elogia un suo personaggio, l’Hermann Ott di Diario di una lumaca, detto anche “il professor Dubbio”, nato come ci dice da frammenti e desideri, avendo in mente un professore ideale che gli sarebbe piaciuto avere, “qualcuno per il quale la conoscenza deriva unicamente da lunghe esperienze e da pazienti osservazioni. Qualcuno che, in tempi di dogmi ottusi, mi avrebbe insegnato a dubitare per principio.“, un personaggio che è tutto il contrario, cioè, degli insegnanti che ha avuto in giovinezza, tra i quali mai nessuno ebbe il coraggio di mettere in discussione i dettami del regime, tranne uno, denunciato e deportato nei campi di concentramento, a cui Grass porge il suo ringraziamento per avergli instillato nell’animo, appunto, il principio del Dubbio, anteposto da allora ad ogni cosa e che si sente di consigliare agli insegnanti come principio basilare per ogni intervento pedagogico, assieme alla riscoperta della lentezza e una sempre presente disponibilità ad imparare.

Vi fa seguito il saggio intitolato La perdita, in cui lo scrittore rievoca i tristi fatti di Rostock degli ultimi anni Novanta del secolo precedente, che misero in discussione e demolirono, mandandole in frantumi, tutte le belle affermazioni di rito sulla riunificazione tedesca, così come il clima solenne e festoso che l’aveva accompagnata, ponendo in evidenza invece la presenza di una pesante e scomoda ombra del passato, mai svanito del tutto. Da qui le domande inevitabili: “Non si può proprio fare nulla contro la tendenza tedesca alla ricaduta?” e “Cosa manca a noi tedeschi, con tutti i nostri soldi?” a cui lo scrittore risponde avanzando pungenti e corrosive riflessioni sull’attualità politica tedesca, a cui lega di volta in volta opportuni riferimenti a episodi della sua vita.

Gli ultimi tre saggi (Il torto del più forte, Senza voce, Tra le guerre), più brevi ma non per questo meno interessanti, si pronunciano contro la guerra preventiva degli Stati Uniti in Iraq, con una netta presa di posizione a favore della pace, e contro le violenze perpetrate in Germania dall’estrema destra nei confronti delle minoranze etniche, violenze fomentate da politicanti irresponsabili in cerca di consenso, che non sanno vedere quanto giusta sarebbe, invece, la tutela dei diritti di rom e sinti e quanto utile il fatto che possano avere anche loro una degna rappresentanza politica presso il Parlamento Europeo.

Troviamo quindi un Grass che, in ogni pagina di questo prezioso libro, con grande verve politica, attacca, accusa, prende parte, si schiera e invita a farlo, senza paura alcuna, come solo un grande uomo può fare, perché come lui stesso ebbe a dire “Il dovere di un cittadino è di tenere la bocca aperta“.

Recensione apparsa su Lankenauta

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