Io

Da poco disponibile per i tipi di Manni, Io di Massimo Parizzi è un romanzo, spiccatamente sperimentale per le soluzioni narrative adottate, che ci racconta la vita di un uomo colta nei suoi momenti essenziali, dalla nascita all’età adulta, da quando ragazzino sognava di salire sulla tettoia del garage in cortile e si poneva domande sul mondo a quando, ormai anziano, compra un fiocco per la nascita del nipote. Sono elementi che ci indurrebbero, e con buone ragioni, ad inserire l’opera nell’ambito del romanzo di formazione, cosa probabilmente corretta, se non fosse troppo riduttivo volerla definire una semplice biografia romanzata.

Il testo di Parizzi, infatti, alternando alle vicende del protagonista quelle altrui, spesso richiamate per analogia e per condivisione di un medesimo destino, e sconfinando nella narrazione dell’io di tutti, assume altresì i toni di una biografia generale, aprendoci gli occhi sulle più disparate realtà del mondo come su grandi eventi del secondo Novecento. Ci mostra insomma, in modo molto intuitivo e con grande abilità, come la vita del singolo, di ognuno di noi, non sia mai slegata da quella vissuta da tutti, dalla quotidianità altrui come dai maggiori episodi della Storia dell’umanità, e lo fa accostando in successione ciò che è privato – vuoi che appartenga all’infanzia o all’età adulta, che sia di ambito familiare o meno – a pensieri, citazioni, riflessioni, dialoghi altrui o ripresi da scritti e interventi, pezzi giornalistici apparsi sulla rivista Qui – appunti dal presente, fondata e diretta da Parizzi stesso dal 1999 al 2011, fonte preziosa di riflessioni e narrazioni sul mondo contemporaneo (www.quiappuntidalpresente.it).

Al registro strettamente narrativo con cui si esprime l’io narrante si alterna in questo modo quello documentaristico/giornalistico dei corsivi, in un montaggio serrato, agile, dal carattere spiccatamente filmico, dall’esito vivace e pungente. È una scelta tecnica-narrativa sicuramente coraggiosa che, oltre ad indurci a riflettere sulle infinite possibilità del romanzo, questa forma che sembra essere ciclicamente destinata alla morte e che invece ci stupisce ogni volta per la sua adattabilità alle molteplici rappresentazioni/narrazioni del presente, mira a rendere la percezione del mondo – e di quanto messo in atto dagli uomini – da una molteplicità di punti di vista, per restituire al meglio, appunto, una visione globale (non a caso Io è stato segnalato al Premio Calvino con la seguente motivazione: “Per la sperimentalità e il coraggio di una autobiografia per frammenti che con lingua tersa e immediatezza filosofica si pone quesiti esistenziali di sempre”, frase che sembra riassumere molto bene l’essenza del libro).

Leggiamo così dei tanti che durante la Primavera araba affollarono piazza Tahrir al Cairo, episodio raccontato attraverso gli occhi di Mona Seif, attivista per i diritti umani egiziana; di coloro che hanno lottato e sofferto nel corso degli anni sulla Striscia di Gaza; dei giovani del Sessantotto; del bimbo che nel 2003 prese a pugni a Baghdad la testa della statua di Saddam Hussein; dei partecipanti a una “carovana per la pace” promossa dalla Helsinki Citizens Assembly nella ex Jugoslavia, nel mezzo di quella guerra tremenda che ha devastato i Balcani e di fronte alla quale l’Occidente è risultato impotente, e di tanti altri eventi di un mondo a cui noi, giorno per giorno, prendiamo parte, vivendone appieno anche le grandi contraddizioni, le grandi disparità di cui non sempre ci accorgiamo, non ultima quella tra il ricco occidente, abituato al lusso e alla comodità, e le altre civiltà, spesso non comprese oppure oggetto esclusivamente di interessi turistici e quindi viste solo in quest’ottica, ad uso e consumo del viaggiatore occasionale.

A sancire questo forte sentimento di comunanza e di condivisione con l’io degli altri sono le grandi domande che ricorrono nelle pagine, quelle che presumibilmente noi tutti ci poniamo e che anche l’io narrante si pone, cercando di dare loro risposta, domande dal valore strettamente metanarrativo: che cos’è il passato? e qual è la verità? cosa c’è in alto? e chi sono gli altri, una scoperta, un conforto? “Per gli altri sono io, per me sono gli altri.” apprende il protagonista in ambito familiare, e soprattutto: “Tu sei io?” domanda che lo porterà alla scoperta illuminante e decisiva che “tutti sono io”, scoperta che è il fulcro dell’intera invenzione romanzesca.

Ne risulta una coraggiosa narrazione collettiva, tutta proposta al presente, poiché tutto ci è contemporaneo, dai piccoli ai grandi eventi, che allarga il proprio sguardo a cogliere il vissuto generale dell’umanità intera – qui intesa come un essere inscindibile di cui facciamo parte, il solo per affinità, valori, e sentire, in cui possiamo riconoscerci – narrazione nella quale si avverte, costante, la consapevolezza dell’esserci: qui, ora, tutti noi, accomunati dalla medesima esistenza per l’unica volta, che sembra essere, a ben vedere, il messaggio se non il dono più sincero e profondo regalatoci dall’autore (“Siamo qui, sulla terra. Insieme per l’unica volta. Per l’unica volta insieme. C’è stato un prima e ci sarà un dopo: adesso ci siamo noi. Miliardi di gambe che si muovono, di bocche che parlano e che mangiano, di occhi che guardano e si chiudono per dormire. Nello stesso tempo.“).

Recensione apparsa su Lankenauta.

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